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La minaccia di Twitter non è Threads, è Twitter stesso

A differenza da quello che si può pensare, Twitter non è minacciato da Threads, ma da Twitter stesso. Elon Musk, TikTok e la perdita dell’essenza della piattaforma ne stanno segnando la sua fine.

A leggere il titolo si pensa che il tema sia l’arrivo di Threads che mette a rischio Twitter. In realtà le cose sono un po’ diverse e un po’ più semplici. Twitter stesso ha firmato la sua fine.

So che in molti (spero) che leggeranno questo articolo pensano che questo sarebbe dovuto essere il titolo, ma permettetemi un esercizio di retorica. Un altro titolo potrebbe essere: “L’attesa della fine di Twitter, è essa stessa la fine”.

Insomma, ci siamo capiti dove si va a parare.

Ma in tutto questo parlare di Twitter e di Threads, come se l’app di Meta avesse sferrato il colpo finale verso la piattaforma di Elon Musk, beh, permettetemi di non trovarmi d’accordo verso questa conclusione un po’, a mio modo di vedere, troppo frettolosa.

twitter minaccia threads 2023 franzrusso.it

Il punto è che è Twitter stesso ad aver firmato la sua fine e Threads non sortirà alcun effetto su questo esito. Vuoi perché l’app di Meta non è ancora disponibile in UE, un mercato cospicuo per riuscire ad attrarre un pubblico più esteso, vuoi perché Threads, al momento, non ha caratteristiche particolari da essere preferito a Twitter. Al momento.

Gli utenti Threads sono già 100 milioni

Intanto, è notizia di oggi che gli utenti su Threads sono già 100 milioni. Un record, se ci pensate. Ma, se ci pensiamo ancora meglio, è un dato che non desta particolare sorpresa, dato che gli utenti Instagram sono gli stessi che accedono a Threads. Se non tutti, lo sono nella maggior parte dei casi.

La fine di Twitter, per come lo abbiamo sempre usato e conosciuto, e amato, risiede in altri momenti e qui cercherà, brevemente, di riportarli alla memoria di tutti.

Come sapete, Twitter è sempre stato un social network un po’ atipico, spesso veniva definito un “non” social network, forse neanche un “microblogging”, appellativo molto amato ai media. Ma Twitter, da subito, è sempre stato altro.

Anzi, nel panorama che si è poi trasformato, via via, in social media (per il fatto che oltre a condividere preferenze, luoghi più amati, piatti più amati, foto di parenti e amici, venivano condivide anche informazioni e notizie) Twitter è la piattaforma più rappresentativa di questo filone.

Twitter ha segnato tanti momenti della storia recente

La sua presenza è stata determinante in tanti momenti della nostra storia recente che ci ha permesso di apprezzarla, e lodarla in certi casi, come nel caso della Primavera Araba, nel caso dell’uccisione di Osama Bin Laden (lo si seppe prima via Twitter), nel caso del terremoto di Fukushima, unico moto per poter restare in contatto e attivare i soccorsi.

Di fatti ce ne sarebbero tanti, ma come dimenticare la capacità di Twitter di smuovere le coscienze e invitare tutti a prendere una posizione, al di là di quello che può essere il perseguimento di un interesse commerciale. Un caso di storia, da questo punto di vista è stato il barbaro assassinio di George Floyd.

Ma tutto questo è stato possibile grazie agli utenti, alle persone, prima ancora che all’algoritmo. Le scelte degli utenti, gli interessi, hanno fatto sì che la piattaforma venisse modellata dalle persone stesse. Twitter, per lungo tempo, ha rappresentato questo momento che, diciamolo pure, non è stato compreso fino in fondo. Ce ne stiamo accorgendo solo adesso.

La grande innovazione di Twitter: l’hashtag

Basti pensare alla geniale trovata degli hashtag, non deciso da Dorsey e compagni, ma dagli utenti e avallato da chi gestiva la piattaforma, cogliendo il fatto che quella potesse essere una caratteristica per far crescere la grande comunità di Twitter.

Ricorderete, e qui su InTime Blog, è stato raccontato e riportato diverse volte, quante volte Twitter veniva indicata come “difficile da usare” rispetto alle altre piattaforme. Certamente, lo era per una parte, abituata ad altri meccanismi, ma non lo era per tutta quella grande comunità che, invece, aveva contribuito a svilupparla.

Per anni Twitter è andata avanti così ed è stato quello il momento in cui sono iniziati i veri problemi.

Anche questo aspetto abbiamo raccontato qui su questo blog, sottolineando come la scarsa capacità di innovare abbia complicato ancora di più la percezione della piattaforma.

Jack Dorsey, l’unico dei fondatori a restare a lungo come CEO della società, salvo poi espletare le sue funzioni in modalità part-time, in quanto CEO, contemporaneamente, di Square, ha commesso uno e un solo errore. Non dedicarsi ad uno sviluppo concreto della piattaforma. Una situazione che ha finito per creare delle grosse crepe e, in una di queste, ci si è infilata proprio Elon Musk. E, una volta entrato, ha mandato all’aria tutto. Legittimamente, ma non si è fatto scrupoli e ha letteralmente ignorato cosa fosse Twitter al momento del suo arrivo.

Ma il momento finale di Twitter non è stato proprio l’arrivo di Musk, la fine, o comunque il percorso verso la fine di Twitter, ripeto, per come lo abbiamo conosciuto e amato in questi anni, è stato il voler rincorrere TikTok e modellare l’algoritmo sulla scia dell’app di video.

Quello è stato il momento in cui tutto si è rotto e Twitter ha smesso di essere Twitter.

Mettere mano all’algoritmo significa ridisegnare tutti i nodi del grafo che ognuo di noi ha costruito nel corso degli anni. La prova tangibile la vediamo nella sezione “Per te” che mostra contenuti di account che non seguiamo e che, forse, non avremmo mai voluto vedere.

Tutto questo ci allontana dai nostri nodi, dai nostri contatti, dai nostri follower, trasmettendoci una sensazione di sbandamento, di non riconoscere più il luogo che abbiamo tanto amato. Spingendoci ad usarlo di meno.

Questo perché Twitter non è TikTok e, forse, non lo sarà mai.

Altro momento è stato quello di voler spingere verso il livello a pagamento con Twitter Blue, tagliando via una fetta cospicua di persone che hanno avvertito ancora di più la sensazione di non essere più nel luogo dove erano soliti informarsi. Subendo un trattamento ancora meno rispettoso.

Sono tanti gli episodi in cui Twitter targato Elon Musk ha dato una visione distorta di ciò che è libertà di parola e ciò che viene spacciato come libertà. L’odio, la violenza, il sessismo, il razzismo non può essere giustificato come libertà di dire ciò che si vuole, eppure Musk ha instillato questa sensazione. Non solo l’ha instillata, l’ha pure alimentata.

Per non parlare degli insulti e delle espressioni poco consone al ruolo che ricopre che Elon Musk sta indirizzando da giorni a Meta e a Mark Zuckerberg. Uno spettacolo indecoroso e indegno. Un esempio di cose sia per lui la libertà di espressione, per chi non lo avesse ancora chiaro.

Ora, per cercare anche di concludere, questo articolo non è contro Twitter o contro Musk. Musk, come scritto prima non è che una conseguenza di una gestione non brillante in un momento topico per la piattaforma. Forse è un po’ contro di noi utenti, non troppo consapevoli del fatto che siamo noi che contribuiamo al successo o meno di una piattaforma. E adesso ci ritroviamo in questa condizione.

Il futuro non è Threads, per quanto possa rappresentare un esempio positivo, ma non è una novità e non determinerà la fine di Twitter.

Certo, dobbiamo poi riflettere su cosa potrebbe significare relegare a Meta le varie diramazioni di che cosa siano oggi i social media, incorporando all’interno di essa tutte le caratteristiche principali di questa diversità, sempre più accentrata in una sola realtà.

E poi, va detto che, come atto finale, anche il nome Twitter sparirà, forse a brevissimo, e, a quel punto, la fine di quell’app da 140 caratteri sarà segnata definitivamente.

Tutta questa storia, un giorno, potrà servirci come monito, in qualche modo, avendo anche l’esperienza accumulata in questi anni a renderci un po’ più vigili e attenti. Forse non sarà così, ma solo la storia ce lo dimostrerà.

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Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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