Se il 2017 verrà ricordato come l’anno delle fake news sui social media, il 2018 potrebbe essere ricordato come l’anno della lotta ai contenuti d’odio. Nei giorni scorsi una indagine di ProPublica ha rivelato che Facebook non modera allo stesso modo i i post contenenti parole di odio e violenza. Da Menlo Park arriva l’ammissione dell’errore e la promessa di risolvere tutto aumentando il numero dei revisori fino a 20 mila.
Se il 2017 è stato l’anno delle fake news, è molto probabile che il 2018 potrebbe essere l’anno della lotta ai contenuti di odio. E ancora una volta protagonisti sono Facebook e tutti i social media, nessuno escluso. Proprio qualche giorno fa Twitter annunciava di cominciare ad applicare le regole delle nuove policy proprio in relazione ai contenuti d’odio che vengono condivisi sulla piattaforma. Un fenomeno che non ha certamente risparmiato Facebook, anzi. La società di Zuckerberg dovrà affrontare questo problema, proprio nel 2018, almeno con la stessa determinazione con cui ha affrontato il fenomeno delle notizie false.
Qualche giorno fa, a proposito di Facebook, ProPublica ha pubblicato un’indagine in cui veniva rivelato il modo non certamente omogeneo con cui Facebook, e i suoi revisori, gestiscono le segnalazioni di contenuti che violano le regole della piattaforma. Gli errori commessi da queste persone, che Facebook ha assunto con il compito di gestire il fenomeno, sono gravi al punto da mantenere online contenuti palesemente d’odio e da censurare, invece, contenuti che con l’odio o la violenza hanno poco a che fare. Questa ricerca in effetti spiega un po’ cosa sia realmente accaduto in tanti episodi che hanno coinvolto utenti italiani.
L’indagine ha preso in esame 900 post e ha messo in evidenza come Facebook mantenesse online 49 contenuti palesemente segnalati come offensivi. Facebook ha quindi ammesso gli errori dei suoi revisori su 22 contenuti, difendendo il suo responso su altri 19 post. Ecco, questo è una situazione che Facebook deve assolutamente, e in tempi rapidi, risolvere proprio per non arrecare un danno a sè stessa. Un danno irreparabile che vanificherebbe il tentativo di “avvicinare il mondo”.
Justin Osofsky, VP di Facebook, è intervenuto sui risultati dell’indagine di ProPublica e ha dichiarato che quanto emerso non rispecchia l’obiettivo di Facebook, quello di connettere e avvinare il mondo per l’appunto. Quella che farà Facebook è, ha dichiarato Osofsky, “raddoppiare il numero dei revisori” portandolo fino a 20 mila persone entro il 2018, ricordando che i quasi 8 mila revisori oggi cancellano dalla piattaforma circa 60 milla contenuti al giorno. E Facebook, ma non solo, deve correre presto ai ripari perchè in Germania entra in vigore la legge che prevede multe fino a 50 milioni di dollari per i siti che non rimuoveranno i contenuti che incitano all’odio entro 24 ore.
Questo è un fenomeno che oggi non riguarda solo gli oltre 2 miliardi di utenti di Facebook, riguarda anche Twitter che, come ricordato, deve necessariamente contrastare questo problema perchè è uno di quelli che ostacola la sua crescita.
Ma, volendo fare una considerazione finale, è davvero strano come il fenomeno dei social media si sia evoluto negli ultimi 7 anni. E indichiamo proprio la data del 2011 non a caso. Quell’anno fu caratterizzato dal grande fenomeno della “Primavera Araba” che diede la possibilità a milioni di cittadini, soprattutto del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, di avere una speranza facendo conoscere al mondo quello che accadeva all’interno delle proprie città. Ricordiamo che proprio Twitter fu lo strumento più usato.
Ma oggi, a sette anni di distanza, i Social Media rischiano di non svolgere più un ruolo così fondamentale proprio per via di fenomeni che, specie in questi ultimi due anni, hanno attanagliato le piattaforme come le fake news e i contenuti d’odio. I Social Media, paradossalmente (in relazione alla Primavera Araba) rischiano di diventare megafono di notizie false, alimentando i contenuti di odio e offuscando del tutto l’esigenza di migliaia di utenti di poterli usare per far valere le proprie ragioni, per raccontare la loro verità, quella oggettiva e non quella falsata.
Una riflessione quasi amara, specie se vediamo il fenomeno in relazione agli odierni fatti che riguardano l’Iran. Sin da subito le autorità hanno limitato l’uso dei social media, prendendo di mira in particolare Telegram.
Per recuperare il proprio ruolo autentico i social media devono regolare la meglio questi fenomeni fino ad eliminarli. Non sarà facile e il 2018 ci saprà dire se questa lotta potrà essere vinta una volta per tutte.