La Corte di Cassazione interviene sul tema delicato del sequestro preventivo di siti internet a seguito di querela per diffamazione con una nuova, interessante sentenza in merito alle conseguenze in caso di querela presentata tardivamente. Nel provvedimento si chiarisce, inoltre, in quale momento si consuma il delitto di diffamazione su un sito internet.
Il tema della diffamazione sui siti internet è abbastanza vivace ed attuale, anche dal punto di vista giurisprudenziale. In questo articolo segnalo la recentissima sentenza della Corte di Cassazione – Quinta Sezione Penale – n. 38099, depositata il 18.09.2015, nella quale si affronta il tema specifico delle conseguenze del sequestro preventivo di un sito internet nel caso in cui la querela per diffamazione è stata presentata in ritardo rispetto al termine di decadenza di 3 mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato.
Il caso e la decisione della Cassazione
Come di consueto, partiamo dal fatto concreto oggetto della sentenza di cui parliamo in questo articolo.
Un avvocato viene nominato dal Comune di Bologna quale Garante dei detenuti. Il titolare di un sito internet parla di condotta scorretta del legale, che avrebbe approfittato dell’incarico ricevuto per trarne utilità personali (è un avvocato penalista). Le dichiarazioni ritenute diffamatorie vengono pubblicate sul sito prima che l’avvocato termini l’incarico ricevuto. La querela per diffamazione, invece, viene presentata circa quattro mesi dopo il termine dell’incarico.
In via cautelare il sito internet viene sottoposto a sequestro preventivo, non revocato nel giudizio dinanzi al Gip del Tribunale di Bologna. Anche l’istanza di dissequestro viene rigettata dal Gup presso il Tribunale di Bologna. Viene proposto, allora ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.
I Giudici di legittimità ritengono fondato il ricorso.
Il momento e il luogo in cui deve ritenersi consumato il delitto di diffamazione tramite internet – che è un reato evento – coincidono con quello nel quale “i terzi percepiscono l’espressione ingiuriosa e, dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano immesse sul “web” nel momento in cui il collegamento sia attivato”.
In sostanza, la persona interessata dalle dichiarazioni ritenute diffamatorie può avere notizia delle medesime semplicemente collegandosi a internet o mediante altre persone che, essendosi collegate al sito, ne sono venuti a conoscenza.
Di conseguenza, tra l’immissione in rete e la cognizione da parte dell’interessato vi è una prossimità temporale, se non addirittura la contestualità. E da quel momento il delitto di diffamazione può dirsi consumato; l’interessato che sostiene il contrario deve dimostrarlo.
La Corte di Cassazione richiama, sull’argomento, la sentenza della Corte di Cassazione, Quinta Sezione Penale, n. 23624 del 27.04.2012, secondo cui “poiché la diffamazione è reato di evento, essa si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l’espressione ingiuriosa e dunque, nel caso in cui frasi o immagini lesive siano state immesse sul web, nel momento in cui il collegamento viene attivato”.
Nel caso di specie, le dichiarazioni ritenute diffamatorie sono state immesse sul sito internet in data 7 luglio 2009, mentre la querela è stata presentata in data 9 novembre 2010, ovvero ben oltre il termine di decadenza di 3 mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato, così come previsto dall’art. 124, comma 1, c.p.
Alla luce di queste motivazioni, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza con quale era stato disposto il sequestro preventivo del sito internet oggetto della querela per diffamazione, che deve, pertanto, essere dissequestrato.
Raccontateci le vostre esperienze tra i commenti su questo tema delicato e attuale.
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