Grazie alle reti GAN, l’intelligenza artificiale sta trasformando l’Arte, ma resta un dibattito aperto sulla sua definizione come Creatività artistica. L’IA va considerata un supporto per l’artista, non un sostituto.
«Ho visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare», recitava nell’iconica pellicola “Blade Runner” il replicante Roy Batty.
A distanza di 40 anni dal leggendario film di Ridley Scott quell’”inimmaginabile” fa ormai parte della nostra quotidianità. I robot, o per meglio dire, l’intelligenza artificiale, è entrata prepotentemente in ogni campo delle nostre vite, compreso quello dell’ arte.
Oggi grazie alle GAN (Generative Adversarial Network) è possibile realizzare immagini difficilmente distinguibili da produzioni reali e che soprattutto possono essere “etichettate” come vere e proprie opere d’arte.
Si apre così un dibattito che non ha ancora trovato una risposta univoca: arte e intelligenza artificiale possono convivere? Le opere generate dall’AI hanno il diritto di essere definite come il frutto della creatività di un artista?
A partire proprio da queste domande si apre la riflessione fatta con Francesco Turriani, fondatore e brand designer dell’agenzia di digital Marketing Ingigni. Come un po’ tutti noi player dell’ambito digital, anche Francesco si confronta quotidianamente con le potenzialità dell’AI. Indubbiamente ha le idee ben chiare: «La creazione di contenuti con l’intelligenza artificiale – afferma – rappresenta un’eccezionale opportunità di sviluppo, a patto che sia intesa come un complemento e non un sostitutivo delle capacità umane».
Tra le tante passioni, il responsabile del marketing di Ingigni ha anche l’arte. Scopriamo allora come vede il rapporto tra i modelli di machine learning e la creatività.
Arte e Intelligenza Artificiale, a che punto siamo?
Partiamo da un presupposto. Attualmente molti degli addetti ai lavori in campo artistico considerano determinate creazioni generate dall’AI delle effettive opere d’arte. Non a caso, verso la fine del 2018 presso la prestigiosa casa d’aste Christie’s è stata battuto per la strabiliante cifra di 432.500 dollari, il quadro “Portrait of Edmond de Belamy”, opera realizzata completamente attraverso le reti GAN.
A crearla è stato il collettivo “Obvious”, il quale raccoglie diversi ricercatori ed artisti. Negli ultimi anni gli investimenti per esplorare le potenzialità dell’intelligenza artificiale nell’arte sono stati numerosi. Basti pensare al progetto “The Next Rembrandt” sviluppato ancora una volta da un gruppo di ricercatori ed artisti con l’obiettivo di dare vita ad un nuovo dipinto sullo stile del famoso pittore olandese.
Sulla stessa scia è sorto “The Next Picasso”, un algoritmo di AI creato dalla startup Cambridge Consultants, con l’obiettivo di analizzare il tratto di un disegno di un artista e completare automaticamente i suoi schizzi generando un’opera d’arte che rispecchi lo stile e le intenzioni iniziali del creativo.
Funzionalità come questa, evidenziano come i vari progetti di intelligenza artificiale legate all’arte non si pongono l’orizzonte di sostituire in un futuro prossimo l’abilità umana con un algoritmo, ma piuttosto di fornire agli artisti un supporto per potenziare le proprie capacità e muoversi verso nuove creazioni, che – perché no – un domani potrebbero dar vita a nuove correnti.
Come funzionano le reti GAN?
Le GAN (generative adversarial network) rappresentano il pennello digitale dell’artista di domani. Capire il loro funzionamento è importante per riuscire ad ottenere una visione maggiormente oggettiva su questo strumento e riuscire così a sviluppare un’opinione più ampia sulla possibile convivenza tra arte e intelligenza artificiale.
Quindi, come funzionano le reti GAN?
Le generative adversarial network vanno intese come un’architettura pensata con la finalità di addestrare un modello generativo di AI. Nella pratica sono costituire da due reti neurali, chiamate generatore e discriminatore.
Generatore e discriminatore, le reti neurali alla base delle GAN
Facciamo un passo alla volta. Le reti neurali sono modelli di machine learning che riproducono il funzionamento del cervello umano: si basano su processi che imitano il modo in cui i neuroni lavorano insieme per effettuare operazioni di calcolo, elaborare ragionamenti e così via.
Ogni rete è formata da diversi livelli di nodi. A sua volta, ognuno di questi è settato su una “soglia” di ricezione dati. Quando le informazioni in ingresso o in uscita superano tale soglia passano i dati al livello successivo.
Tutti gli input ed output ricevuti addestrano la rete neurale che col passare del tempo imparerà a processare i dati ad altissima velocità e classificarli in maniera esatta e precisa nel giro di pochi secondi. Uno degli esempi più lampanti di una rete con capacità straordinarie è proprio l’algoritmo di Google.
Torniamo però ora alle reti GAN. Come si interfacciano tra loro le reti neurali del generatore e del discriminatore?
Possiamo immaginarle come i protagonisti di un interrogatorio. Da un lato della scrivania il generatore che veste i panni dell’accusato e dall’altro il discriminatore che interpreta un sospettoso detective.
Sia il generatore, sia il discriminatore sono addestrati con gli stessi dataset. Il primo, pixel dopo pixel, inizia a produrre immagini completamente inventate e le sottopone al discriminatore. Quest’ultimo, fino a quando non le riconoscerà come appartenenti allo stesso dataset fornito in origine, le respingerà.
Solo quando il livello degli output creato dal generatore raggiungerà un livello tale da essere confuso con il reale, il discriminatore permetterà la generazione dell’immagine definitiva. In pratica, il sospettato generatore dopo una serie di tentativi riuscirà a fornire all’ispettore discriminatore l’alibi perfetto per essere rilasciato senza destare ulteriori dubbi!
Perché non dobbiamo temere l’intelligenza artificiale nell’arte?
Una volta svelati i meccanismi alle basi del funzionamento delle reti GAN, possiamo ragionare sugli aspetti etici che ruotano intorno all’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’arte.
Già negli anni ’50 il filosofo tedesco Martin Heidegger nella sua opera “L’abbandono” si interrogava sulla difficile convivenza tra uomo e tecnica e sulla paura dell’essere umano di venire prima o poi sopraffatto dalle macchine.
Questo timore è stato un leitmotiv delle varie epoche storiche a partire dai luddisti che durante la prima rivoluzione industriale distrussero i telai meccanici colpevoli di rubarli il lavoro. Anche in campo artistico l’introduzione della fotografia trovò tra i pittori schiere di oppositori: temevano che la loro capacità di raccontare il reale attraverso le loro tele venisse sostituita dal nuovo mezzo.
Al contrario di quanto si potesse pensare all’epoca, la fotografia fu in un certo senso il volano per sperimentare nuovi correnti artistiche. Infatti, molti pittori di fine ‘800 si sentirono liberi dal “peso” di dover rappresentare semplicemente il reale ed iniziarono a sperimentare nuove forme di espressione, che diedero vita in tutto l’arco del XX secolo, a correnti artistiche destinate a diventare immortali partendo dall’impressionismo fino ad arrivare al cubismo.
Un luogo comune sull’intelligenza artificiale nell’arte è che dia la possibilità a tutti di diventare “artisti”. Non è assolutamente così nonostante le reti GEN siano sempre più accessibili. Il punto di partenza in ogni modello di machine learning è l’esperienza umana. Solo il vero artista con il suo bagaglio culturale e la propria sensibilità potrà indirizzare l’AI verso creazioni originali ed uniche che potranno ottenere il riconoscimento di opera d’arte.
La strada verso una convivenza “pacifica” tra intelligenza artificiale e arte è probabilmente ancora lunga ed al momento ci sono ancora alcuni nodi da sciogliere. Tra questi la definizione della proprietà intellettuale delle opere, che non possono essere attribuite all’AI (è solo lo strumento con cui vengono prodotte), ma al tempo stesso non c’è ancora una regolamentazione precisa in materia.
Lo stesso discorso può esser fatto per la loro immaterialità, una lacuna a cui molti artisti stanno cercando di porre riparo con la creazione di NFT, ovvero i certificati digitali basati sulla tecnologia Blockchain.
Aprendo un qualunque dizionario e scorrendo fino alla voce “creatività” troveremo la seguente definizione: “La capacità di creare con l’intelletto, con la fantasia”. L’intelligenza artificiale è in fondo solo uno strumento nelle mani di un artista, in grado di consentirgli di sperimentare nuovi orizzonti.
Il risultato finale sarà sempre e comunque un’espressione del suo estro. Proprio per questo motivo intelligenza artificiale e arte possono coesistere.