La relazione tra Twitter e Elon Musk è sempre più complicata. Il futuro proprietario della piattaforma sfida in pubblico Parag Agrawal, CEO della società, a dimostrare che i bot siano davvero meno del 5%. Ma il suo vero interesse non è questo.
Sin dall’inizio di questa storia, abbiamo sempre sostenuto che questa tra Twitter e Elon Musk sarebbe stata una relazione rischiosa. E purtroppo così è.
Le vicende di questi ultimi giorni e di queste ultime ora, confermano ancora una volta che il destino di Twitter è legato alla sorte di Elon Musk.
Vale la pena fare comunque un passo indietro e cercare di capire cosa è successo negli ultimi giorni e che significato avranno questi stessi fatti.
Come certamente ricorderete, Elon Musk qualche giorno fa, riprendendo dei dati già pubblicati da Twitter a inizio del mese di maggio, disse di avere dei dubbi sul fatto che gli account spam/bot su Twitter fossero davvero al di sotto del 5%, facendo pensare che questo potesse costituire un problema.
Già quella stessa affermazione mise in difficoltà il titolo Twitter in borsa, difficoltà che sono poi seguite nei giorni successivi.
In risposta alle affermazioni del fondatore della Tesla, l’attuale CEO di Twitter, Parag Agrawal, ha voluto fare un chiarimento su Twitter con diversi tweet. Il succo del discorso di Agrawal è che gli account sono meno del 5%, dato noto da almeno otto anni, e che questo stesso dato sarebbe difficile da rilevare da terze parti proprio perché esistono dei dati che non possono essere trasferiti all’esterno. Tra questi il modo in cui Twitter intende riconoscere come attivo un account. Era un ragionamento corretto e, ripetiamo, sufficientemente noto ai più. Figurarsi a chi aspira a diventare il proprietario della piattaforma.
20% fake/spam accounts, while 4 times what Twitter claims, could be *much* higher.
My offer was based on Twitter’s SEC filings being accurate.
Yesterday, Twitter’s CEO publicly refused to show proof of <5%.
This deal cannot move forward until he does.
— Elon Musk (@elonmusk) May 17, 2022
💩
— Elon Musk (@elonmusk) May 16, 2022
Per tutta risposta, Elon Musk risponde con la emoji della cacca. Si avete letto bene, quella. A sottolineare la grande statura del personaggio.
Per tutta risposta, e veniamo al termine di questa nostra breve sintesi, Elon Musk ha sfidato pubblicamente Parag Agrawal a rendere noto il modo in cui la piattaforma sostiene di avere al suo interno meno del 5% di account spam/bot.
Di fronte a questa “sfida”, sorgono diversi dubbi, anche troppi. Ma restiamo su quelli più evidenti.
Il primo dubbio riguarda il fatto che è davvero singolare che l’uomo più ricco del mondo, con un patrimonio personale di circa 250 miliardi di dollari, decida di acquisire una piattaforma come Twitter per 44 miliardi di dollari (diventando, così restanti le cose, una delle acquisizione più costose nel panorama dei social media) senza effettuare una doverosa “due diligence”.
Si intende con il termine due diligence, ci perdoneranno gli esperti se usiamo essere così generici, una valutazione chiara di quelli che sono i rischi e i benefici che comporta la definizione di una acquisizione. Elon Musk decide di comprare Twitter senza fare questa operazione.
Lui sostiene di aver proceduto all’acquisizione basandosi sui dati depositati presso la SEC, ricordiamolo ancora una volta, la Consob americana.
Il secondo dubbio riguarda proprio quello che pensava Elon Musk sui bot. La sua acquisizione l’ha portata avanti al grido di “renderò Twitter un posto migliore liberandolo dai bot“. Adesso sembra quasi che il problema gli sia scoppiato tra le mani dopo aver chiuso l’accordo, facendo quasi sembrare che lui non ne sapesse nulla.
Intanto, la sua strategia per contrastare i bot non è stata mai molto chiara. Ha sempre detto che vuole rendere Twitter una piazza dove regna la libertà di espressione. E in qualche occasione ha aggiunto anche che per lui tutti dovrebbero avere un segno di spunta, differenziando i personaggi pubblici, proprio per individuare meglio i profili bot.
Elon Musk sapeva benissimo dei bot su Twitter quando ha firmato l’accordo, con una penale da 1 miliardo di dollari e nelle settimane successive alla firma dell’accordo non è successo nulla di nuovo.
Il suo interesse è quello di abbassare il prezzo di Twitter per pagare meno dei 44 miliardi di dollari offerti, ossia 54,2 per azione.
Dopo le sue uscite, il titolo adesso vale 37,2 dollari, ben lontano dai 51 dollari dall’inizio della sua scalata. Praticamente Twitter ha perso il 23,2% in meno di 1 mese. Un capolavoro.
Un tale capolavoro che ha comportato il calo dei 28% del titolo Tesla, sempre nell’ultimo mese, titolo fondamentale per Elon Musk per poter affrontare l’acquisizione.
Il problema è poi che, a fronte di tutto quello che è successo negli ultimi giorni, il CdA di Twitter ha ribadito che l’accordo resta valido e che Elon Musk deve completare l’acquisizione a 44 miliardi di dollari così come pattuito in fase di definizione dell’accordo.
Non conviene a Elon Musk portare tutta la vicenda in tribunale, perché la vicenda é piuttosto chiara. Ma lui non perde tempo a confondere le acque e a confondere gli utenti, facendo passare lui come vittima di un raggiro. E in questo, come si sa è bravissimo.
Solo che stavolta rischia grosso, così come rischia grosso anche Twitter. Purtroppo.