A distanza ormai di cinque anni dalla sua morte, la figura di Steve Jobs è ancora tutta da scoprire. Il film in uscita giovedì 21 gennaio nelle sale italiane, “Steve Jobs”, regia di Danny Boyle e interpretato da un grande Michael Fassbender, rivela il volto umano di un personaggio che ha segnato il nostro tempo.
Manipolatore o genio? Opportunista o visionario? Egoista o altruista? Sono queste le domande che ci si pone dopo aver visto “Steve Jobs“, in uscita nelle sale italiane il prossimo giovedì, 21 gennaio 2016. Come si sa, parlare di Steve Jobs non è mai stato facile, soprattutto per via del suo ormai leggendario carattere o per via di tanti aspetti della sua vita, anche poco esplorati. Ecco che il nuovo film sul fondatore della Apple, “Steve Jobs”, cerca di far conoscere un nuovo volto di questo personaggio, ed è un volto più intenso e anche più umano. Tante volte si è parlato di quanto fosse, esigente, maniacale al limite dell’ossessione, con una vita privata che presentava tante ombre. Ecco, possiamo dire che questo film ci fa conoscere un aspetto nuovo di Steve Jobs, più reale, nel senso di più vicino alla realtà. E l’operazione da questo punto di vista è assolutamente riuscita.
Steve Jobs è il film diretto da Danny Boyle (premio Oscar miglio regia per The Millionaire; Trainspotting), la sceneggiatura è del premio Oscar (The Social Network) Aaron Sorkin e si basa sulla biografia del fondatore della Apple scritta da Walter Isaacson, quella più letta fino ad oggi. Ad interpretare Steve Jobs c’è Michael Fassbender (candidato per questo ruolo agli Oscars 2016 come miglior attore) e nel cast ci sono anche Kate Winslet, nel ruolo di Joanna Hoffman, l’ex direttrice marketing della Macintosh, il suo vero angelo custode. Seth Rogen nel ruolo del co-fondatore Steve Wozniak, il co -fondatore della Apple che rivendicherà sempre il suo genio nei confronti di colui che vuole approfittarsene, e Jeff Daniels nel ruolo dell’ex CEO della Apple, John Sculley, l’ex CEO della Pepsi che Jobs vuole a tutti i costi al suo fianco all’inizio dell’avventura.
Il film ruota attorno a tre grandi lanci, che si trasformano lungo il film in tre grandi atti e sono quello del Macintosh del 1984, quello del lancio de Next Cube del 1988 e quello del grande lancio di iMac del 1998. Tre grandi momenti che hanno segnato la vista di Steve Jobs, uomo descritto come mostro per la sua ricerca maniacale della perfezione, del suo essere rude, ossessivo. Ma nel film si vede anche la sua grande capacità di “vedere oltre”, di saper interpretare i momenti e soprattutto di saperli trasformare in realtà. Emblematica una delle scene finali in cui, rivolgendosi alla figlia Lisa le dice che le metterà presto 100, mille canzoni in un lettore “perchè non sopporto che vai in giro con quel walkman”. Ovvio che alludeva all’iPod che venne poi lanciato nel 2001.
A fare da cornice al film sono le contraddizioni e le paure di Steve Jobs, a cominciare del tormentato rapporto con la sua ex compagna e sua figlia Lisa, una figlia che lui non vuole riconoscere ma che poi, col passare degli anni sentirà sempre più sua. L’adozione che comunque caratterizza e influenza la vita di Jobs, quella sensazione di sentirsi escluso che poi finirà per “sfogare” con il suo genio, lui che non è un ingegnere, non è un designer, ma che sapeva mettere insieme i talenti (a suo modo) proprio come fa un direttore d’orchestra. Il rapporto altrettanto tormentato con la sua creatura, la Apple, l’azienda che lui fonda in un garage nel 1976 (quest’anno sono 40 anni) insieme a Steve Wozniak. E lo stesso rapporto con Wozniak (che ha partecipato alla realizzazione di questo film) viene raccontato in maniera molto realistica.
Insomma, Steve Jobs, è uno di quei film da vedere per conoscere a fondo questo personaggio che, nonostante non fosse un ingegnere o un designer, ha segnato il nostro tempo.