La spunta blu “legacy”, dopo diversi rinvii e qualche pese d’aprile mancato, viene mandata in soffitta, sostituita da quella assegnata con l’abbonamento a Twitter Blue. Un’occasione per ripercorre le fasi sin dalla sua prima apparizione nel 2009 fino a oggi.
Siamo arrivati, dopo tanti tira e molla, cambi di date, pesci d’aprile ecc…, al punto di svolta per Twitter. Già, senza voler essere esagerati, per Twitter questo è un cambiamento epocale.
Stiamo parlando dell’addio alla spunta blu “legacy”, ossia quella ottenuta con i vecchi metodi e attraverso un documento di riconoscimento. L’addio che avviene il 20 aprile (sempre che non ci sia di nuovo un cambio di date) significa che da questa data esisteranno su Twitter solo spunte blu ottenute attraverso l’abbonamento a Twitter Blue.
L’ottenimento della spunta blu viene comunque sottoposto ad un controllo da parte di Twitter, viene richiesto il numero di telefono, ma non – cosa più importante – il documento di riconoscimento, vale a dire carta di identità o passaporto, come avveniva con la spunta blu legacy.
Sottolineo questo aspetto legato al documento di riconoscimento perché Elon Musk, sin dal suo insediamento ormai sei mesi fa, ha più volte sostenuto che quel metodo non fosse sicuro e che fosse fonte di spam e disinformazione. Certo, non esiste un metodo infallibile, ma di certo non lo sarà neanche questo ed è sufficiente farsi un giro su Twitter per rendersene conto.
Sia chiaro, impostare una formula a pagamento non è un male, anzi. Qui non si discute il pagamento o meno e non si mette in discussione chi legittimamente opta per questa scelta. Il vero problema è che questo metodo forse non è quello che Elon Musk cerca di vendere, ossia come il metodo che permetterà a tutti di esprimersi in sicurezza, senza impersonificazioni, senza spam e disinformazione.
Il tema dell’impersonificazione di altri utenti celebri sulla piattaforma era stato il vero motivo per cui la spunta blu fece la sua apparizione nell’estate 2009.
L’origine del programma di verifica di Twitter risale appunto all’estate del 2009, a seguito della querela portata avanti dal manager della squadra di baseball St. Louis Cardinals, Tony La Russa, dopo essere stato impersonato sulla piattaforma da un altro utente. Il co-fondatore di Twitter Biz Stone scriveva in un post sul blog ufficiale:
“Riconosciamo l’opportunità di migliorare l’esperienza utente di Twitter e chiarire la confusione oltre alla semplice rimozione degli account di impersonificazione una volta avvisati. Quest’estate sperimenteremo un’anteprima beta di quelli che chiamiamo account verificati”.
Ma all’epoca non era solo La Russa a ispirare il processo di verifica e a lamentarsi dell’impersonificazione. Vi erano altre celebrità, tra le quali figurava anche Kanye West, la star del basket Shaquille O’Neil. Mentre l’attore Ewan McGregor era stato impersonato su un sito web molto popolare come MySpace, qualcuno lo ricorda?
E quindi da lì in poi Twitter avviò il suo primo programma che portava alla verifica diretta degli account di utenti più celebri, popolari e importanti.
Questo era il principio che muoveva Twitter. La società allora affermava che un account con un badge di verifica “spunta blu” indicava che “siamo stati in contatto con la persona o l’entità che l’account rappresenta e abbiamo verificato che è stato approvato”.
Il metodo intendeva inviare un messaggio chiaro alla base utenti di Twitter che quel personaggio famoso, con quell’account, fosse davvero lui, senza voler sminuire tutti gli altri che ne erano sprovvisti. Era un metodo che mirava a garantire l’autenticità di quella tipologia di account, di quella celebrità. Risolto quel problema si poteva ridare fiducia a tutta la base utenti e anche aiutare a farla crescere.
Di quella prima modalità per ottenere la spunta blu non si conosce tanto, si sa solo che Twitter avesse sguinzagliato in giro per il modo delle figure che entravano in contatto con celebrità, personalità politiche e spirituali, studiosi, con l’obiettivo di portarle sulla piattaforma, con tutte le garanzie caratterizzate dalla spunta blu, per cercare di creare un clima di sicurezza e attrarre nuovi utenti. Di questo si seppe solo dopo però.
Nel 2010 la procedura subisce un primo cambiamento di cui non furono diffusi i vari passaggi che comprendevano, in buona parte, quello che abbiamo descritto poco sopra.
E poi si arriva all’approdo di Papa Benedetto XVI su Twitter, nel 2012, ed è in questa fase che si scopre qualcosa in più su come venisse certificata la personalità e come venisse attribuita la spunta blu.
Come dicevamo prima, pare che Twitter avesse sguinzagliato in giro per il mondo 20 figure alla ricerca di personaggi famosi e di una certa rilevanza da portare sulla piattaforma. Obiettivo era quello di individuare personalità che godessero di una certa fama e di un certo seguito per fare in modo che poi una parte di questi potesse approdare sulla piattaforma, che allora era ancora a 140 caratteri.
Tomorrow, 4/20, we are removing legacy verified checkmarks. To remain verified on Twitter, individuals can sign up for Twitter Blue here: https://t.co/gzpCcwOXAX
Organizations can sign up for Verified Organizations here: https://t.co/YtPVNYypHU
— Twitter Verified (@verified) April 19, 2023
E la strategia per portare a twittare il Papa era in effetti proprio questa. Questi funzionari di Twitter, una sorta di Twitter coach, prendevano contatti con l’entourage della personalità individuata, in questo caso il Vaticano nella persona del responsabile delle relazioni esterne e stampa, per presentare la piattaforma e le sue potenzialità.
L’intenzione era fare leva sulla grande influenza che il personaggio, come Papa Benedetto XVI, esercitava sugli utenti. Proprio quello che è successo con l’apertura dell’account @pontifex. Una volta terminato il suo lavoro, il Twitter coach ripartiva verso nuove personalità da portare sulla piattaforma, perché quello significava incrementare la base utenti.
Si tratta, questa, di una ricostruzione fatta sulla base dei riscontri, pochi, che ci sono. Ma grosso modo le cose sono andate così.
E poi si arriva al 2016, con il metodo più aperto. Twitter sa che allargando un po’ le maglie, sempre con una procedura sotto stretto controllo, si può mantenere un clima di fiducia e provare a crescere. Il metodo viene reso pubblico e tutti potevano richiedere la spunta, salvo dimostrare alcuni requisiti richiesti e la presentazione di un documento di riconoscimento.
Il risultato è stato che dopo poco tempo la piattaforma è stata letteralmente invasa di richieste e il metodo sospeso.
In quell’anno, nel 2016, gli utenti verificati erano 187 mila su circa 310 milioni di utenti. Nel 2013 erano 50 mila. Ad oggi, nel 2023, se ne registrano circa 450 mila, ma il numero è destinato a salire.
Nel 2020 la procedura, ristretta e non più pubblica, viene sospesa e viene riattivata nel 2021. Nella procedura vengono individuate delle categorie di account che possono richiedere la spunta blu e il metodo viene di nuovo aperto.
Il problema che questa procedura è arrivata nel momento di massima crisi di Twitter, momento in cui la base utenti non cresceva, la piattaforma stessa veniva percepita come complessa e poco innovativa, per non parlare del problema, molto sentito, legato all’hate speech.
Sono gli anni in cui poi si acuisce il tema della disinformazione, dopo le elezioni di Donald Trump e di tutto quello che ne è conseguito.
Tutti problemi che anche Jack Dorsey pensava di risolvere assegnando la spunta blu a tutti gli utenti per fare emergere tutti quegli utenti che fossero nativamente spam e bot. Ma non se ne fece nulla.
Da una parte non se ne fece nulla per il poco tempo, ma dall’altra lo stesso Dorsey si trovò nella condizione di difficoltà, visto che la società Twitter era ormai in una situazione caotica. Il CdA era praticamente diviso tra chi lo voleva fuori, come il Fondo Elliott che deteneva la maggioranza, e chi lo voleva ancora in sella come CEO.
Solo che lo stesso Dorsey ha finito per pagare il fatto che essere CEO di due aziende contemporaneamente non è il massimo dell’organizzazione. E Twitter ne ha risentito in modo particolare.
Una situazione, questa, che ha finito per creare le condizioni per cui Twitter dovesse essere venduta. E così è stato.
Elon Musk, appena se ne è presentata l’occasione, sapendo benissimo della situazione di Twitter, avendo collaborato con Jack Dorsey a predisporre quella che oggi è Bluesky, la piattaforma decentralizzata fortemente voluta da Dorsey e che ora si appresta a diventare la vera alternativa di Twitter, l’ha colta.
E siamo arrivati ad oggi. Elon Musk ormai sta per mettere a punto uno dei suoi pochi punti fermi da quando si è insediato, e cioè quello di annullare e cancellare la spunta blu attuale solo perché, a suo dire, assegnata con un sistema non sicuro.
Con questo articolo, perdonate la lunghezza, abbiamo voluto raccontare la storia di come si è arrivati e come si è sviluppata la tanto amata e odiata spunta blu e di come, in realtà, il metodo che propone Elon Musk non brilli proprio per sicurezza.
Legare tutto all’abbonamento senza verificare l’identità dell’account è un passo indentro, non un passo in avanti.
In ogni caso, Elon Musk spera di permettere a Twitter di raggiungere i 3 miliardi di fatturato che servono per raggiungere l’obiettivo prefissato per la fine dell’anno. Obiettivo che sembra complesso da raggiungere, anche se lo stesso Musk rassicura che Twitter viaggia verso il break-even.
Staremo a vedere cosa succederà.
Intanto addio alla spunta blu “legacy”.