back to top

Secondo il co-fondatore di WhatsApp è tempo di cancellare Facebook

Brian Acton, che ha fondato WhatsApp insieme a Jan Koum, ha scritto in un tweet: “It’s time. #deletefacebook”. Secondo Acton, in seguito allo scandalo Cambridge Analytica che ha travolto il social network più usato al mondo, è arrivato il momento di cancellare Facebook.

Lo scandalo Cambridge Analytica non accenna a rallentare la sua intensità, anzi. Ormai da giorni Facebook è nell’occhio del ciclone, è sufficiente ricordare quanto è successo a Wall Street in questi giorni dove il titolo ha perso, in termini di valore di capitalizzazione, quasi 50 miliardi di dollari. Il caso cresce sempre di più e ora il parlamento inglese e quello europeo convocano il fondatore Mark Zuckerberg perchè chiarisca meglio la vicenda. Da queste audizioni forse dipenderà l’esito di tutta la vicenda.

Come dicevamo, le polemiche non accennano a diminuire e a gettare benzina sul fuoco adesso arriva anche il co-fondatore di WhatsApp, Brian Acton. Ricordiamo che proprio Facebook comprò nel 2014 WhatsApp da lui e da Jan Koum per 16 miliardi di dollari. Acton oggi non fa più parte di WhatsApp, a differenza di Koum che ne è il CEO, e cura un progetto legato ad una sua fondazione. Possiede un patrimonio di 6,5 miliardi di dollari e il mese scorso ha investito 50 milioni di dollari su Signal, un’app che si presenta come alternativa a WhatsApp.

delete facebook cancellare facebook

Brian Acton ieri, dal suo profilo Twitter ha scritto: “It’s time. #deletefacebook“. Secondo Acton, questa vicenda sta facendo maturare i tempi per cui è il momento di cancellare Facebook.

L’hashtag #deletefacebook ha cominciato a fare la sua comparsa nei primi giorni del caso Cambridge Analytica, diventando sempre più condiviso dal 19 marzo. Adesso il tweet di Acton è quello che ha ottenuto il livello più alto di interazioni e non vi è dubbio che verrà usato come “manifesto” legato a questa discussione.

Acton scrivendo che è arrivato il momento di cancellare Facebook è ben consapevole che se ciò avvenisse, significherebbe anche la fine di WhatsApp, l’app che ha contribuito a far nascere. Non si capisce se si tratta di una opinione personale oppure se ritiene che sia arrivato il momento di superare il modello di social imposto da Facebook in questi anni. Al momento si possono fare solo delle ipotesi, non essendoci altre sue dichiarazioni chiarificatrici.

Del resto, è ben nota la sua posizione a difesa della privacy che si è sempre manifestata ostacolando qualsiasi tipo di advertising su WhatsApp, all’epoca in cui operava al suo interno. Per il semplice motivo, come scrisse nel 2012 proprio sul blog di WhatsApp, “ricordate nel momento in cui prende piede la pubblicità, allora il prodotto siete voi“. Un principio che abbiamo ben compreso in questi anni, mettendo sempre in guardia gli utenti che i nostri dati sono preziosi, al punto da diventare “moneta di scambio”. Il “trucco” che abbiamo sempre consigliato era quello di far sapere agli altri solo ciò che noi vogliamo che si sappia, non tutto. Un modo per mantenere piena consapevolezza di ciò che si condivide sui social media.

Il pensiero di Brian Acton per la verità non è solitario, da giorni negli Usa su tutti i network ci si interroga se questa vicenda, se questa crisi possa davvero portare alla distruzione di Facebook. Per non dimenticare Chamath Palihapitiya, ex digerente di Facebook che lo scorso anno affermò che Facebook ah contribuito a creare “strumenti che stanno lacerando il tessuto sociale che fa funzionare le nostre società”. Un’affermazione che fece davvero molto discutere.

Facebook non scomparirà, almeno non con questa vicenda. E’ plausibile pensare che questa storia dovrà mettere fine ad un modello che va ripensato, che sia più rispettoso della privacy degli utenti. Questo sì.

Ma voi che ne pensate? Pesante anche voi che sia arrivato il momento di cancellare Facebook?

avatar dell'autore
Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
La tua iscrizione non può essere convalidata.
La tua iscrizione è avvenuta correttamente.

InTime Blog Newsletter

Abbonati alla newsletter e resta aggiornato su articoli e approfondimenti 

Utilizziamo Brevo come piattaforma di marketing. Inviando questo modulo, accetti che i dati personali da te forniti vengano trasferiti a Brevo per il trattamento in conformità all'Informativa sulla privacy di Brevo.

Scrivimi

Se ti piace quello che scrivo e se vuoi conoscermi meglio, clicca il bottone qui di fianco.

5 Commenti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Ultimi articoli

InTime Podcast

spot_img

Articoli correlati
Related

Lo spot Coca-Cola e la IA, quando la magia non convince

Lo spot natalizio della Coca-Cola, realizzato con IA, divide il pubblico. Le critiche riguardano la "freddezza", imperfezioni varie e mancanza di emozione

Social media, da luoghi di interazione a strumenti di potere

Elon Musk c'è riuscito: ha trasformato X in uno strumento di potere politico. Quelli che prima erano strumenti di interazione, oggi sono strumenti di potere.

La fuga da X e crescita delle altre app: come chiudere l’account in sicurezza

La strada di X è segnata e segue quella di Elon Musk. Aumentano gli utenti che abbandonano la piattaforma verso altre app in particolare verso Bluesky ma anche verso Mastodon e Threads.

X pagherà i Creator in base alle interazioni Premium

X da oggi rivoluziona i pagamenti ai creator, puntando sull’engagement degli utenti Premium. E potrebbe portare ad un abbassamento della qualità dei contenuti.