Il ritmo con cui si diffondono le notizie sul web e, soprattutto, sui social media è, come sappiamo bene, molto elevato, al punto che spesso rischiamo di condividere informazioni e notizie errate. Un piccolo esempio è quello di Lexicocalorimeter, erroneamente diffuso da alcuni media italiani come Lexicoalimenter, rendendo la notizia stessa poco affidabile.
Il ritmo con cui si diffondono le notizie sul web e, soprattutto, sui social media è, come sappiamo bene, molto elevato, al punto che spesso rischiamo di condividere informazioni e notizie errate, solo per il fatto di non avere avuto tempo per approfondire un po’ meglio. Non parliamo in questo caso di notizie importanti o di fenomeni legati alle “bufale”, no. L’esempio che facciamo oggi è su una notizia che ieri su alcuni media italiani è stata diffusa molto, perchè legata anche al capitolo “curiosità” che arrivano dal web e dai social media. La notizia è quella che riguarda uno studio dell’Università del Vermont che ha messo a punto uno strumento per misurare “il contenuto calorico dei tweet”. E qui si evidenzia la leggerezza che è partita da Ansa e Repubblica per poi diffondersi su diversi media. Lo strumento non si chiama Lexicoalimenter come hanno riportato tutti, è sufficiente fare una veloce ricerca per rendersi conto che questo nome richiama solo pagine in italiano. In realtà lo strumento si chiama Lexicocalorimeter e c’è una bella differenza con Lexicoalimenter.
Su Twitter poi #lexicoalimenter porta zero risultati, mentre #lexicocalorimeter offre tutta una serie di contenuti dai quali poi approfondire meglio.
Dicevo, era rimasto incuriosito da questa informazione che sono andato subito alla ricerca di fonti, visto che quasi mai questo tipo di notizie, riportate in italiano, le offre. E avendo quel solo quel nome, ritendolo corretto e credendo che ci fosse stato un minimo di controllo preventivo, ho continuato a cercare senza successo. Allora, ho cambiato il mio modo di cercare e mi sono concentrato sull’Università del Vermont, soprattutto dal lato “notizie” di Google, qualcosa doveva pur spuntare. E infatti, in pochi secondi sono risalito alla fonte (o comunque la notizia più citata) che riportava il nome corretto, Lexicocalorimeter. A quel punto bastava fare una ricerca col nome corretto per rendersi conto che solo in Italia avevano sbagliato il nome.
Ecco, questa piccolissima esperienza per dire che scrivere sul web e sui social media non è come scrivere sulla carta e nemmeno deve essere un continuo copia-incolla. E’ infatti bastato che una fonte italiana sbagliasse il nome perchè tutti gli altri riportassero la notizia nel modo sbagliato, senza fare un minimo controllo, così come vi ho mostrato. Niente di fantascientifico intendiamoci. Ma solo l’intenzione di fare un lavoro che sia rispettoso della notizia in sè per informare i ltettori nella maniera corretta. So bene che spesso manca il tempo e che, ancora pià spesso, è la velocità che conta. Il difficile è fare le due cose, ossia essere veloci ma allo stesso tempo verificare bene le fonti per non cadere il errore. Perchè anche se piccoli come questo, sempre di errore parliamo.
Comunque sia, per restare sul Lexicocalorimeter perchè credo che un po’ di curiosità vi sia arrivata, il sito è questo e lo strumento in realtà esiste da un po’ di tempo, usato per scoprire, attraverso i tweet, le abitudini alimentari degli utenti. Uno strumento per raccogliere dati per poi analizzarli. Lo studio a cui si riferisce la notizia era stato pubblicato a dicembre su PLOS One, rivista scientifica che spesso pubblica ricerche che riguarda i social media.
In questo caso la ricerca ha prso in esame 50 milioni di tweet pubblicati tra il 2011 e il 2012 scoprendo che gli americani twittano spesso ciò che mangiano. Ovviamente vengono considerati i tweet geolocalizzati. E quindi da parole come “gelato”, “bacon”, mettendolo in relazione con “passeggiate” o “guardare la tv” il Lexicocalorimeter è capace di tirar fuori qualche elemento in più sullo stile di vita degli americani e del loro rapporto con l’alimentazione. E’ uno strumento di salute pubblica, molto utile e innovativo soprattutto. Un esempio di come i social media, grandi produttori di big data, possano essere utilizzati per scopi come questi.
Insomma, questo è un esempio di come alle volte un po’ di attenzione in più sia utile per rendere l’informazione utile (perdonate la ripetizione) e corretta, soprattutto corretta. Perchè sbagliare anche di poco può rendere poco affidabile la notizia stessa.
E voi che ne pensate?