Google con il doodle che vediamo oggi in homepage celebra una tra le più importanti figure culturali a livello globale in occasione dei 452 anni dalla nascita: William Shakespeare. E dopo sette anni, Google decide di celebrare il poeta e drammaturgo inglese da solo, infatti l’ultima volta, nel 2009, venne celebrato con un doodle insieme a San Giorgio, patrono d’Inghilterra.
Quello che vediamo oggi il homepage, a 24 ore da quello dedicato alla Giornata della Terra, è un doodle eccezionale. Prima di tutto lo è perchè è dedicato a una delle più importanti figure culturali a livello globale, come appunto è William Shakespeare. In occasione dei 452 anni dalla nascita del Bardo (così veniva soprannominato) il doodle è interamente dedicato al celebre drammaturgo, cosa che finora non era accaduta. L’ultima volta che Google aveva celebrato Shakespeare era stata nel 2009, ma insieme a San Giorgio, santo patrono d’Inghilterra molto amato. Nel 2013 infatti celebrò solo il popolare santo e non, appunto, il Bardo.
Il doodle che vediamo oggi invece è visibile a livello globale, a differenza degli altri che erano visibili solo in Uk.
William Shakespeare nasce a Stratford-upon-Avon il 23 aprile 1564 e muore, sempre nella città marittima, il 23 aprile del 1616, lo stesso giorno della nascita. E quindi oggi si celebrano anche i 400 anni dalla morte, e Twitter dedica alla giornata un emoji con l’hashtag #Shakespeare400.
Nei suoi 52 anni di vita ha dato vita a 37 opere teatrali, per la maggior parte scritti per il The Globe Theatre di Londra. Ma ha scritto anche 154 sonetti e tanti poemi. Un genio, un genio vulcanico vista la sua intensa attività creativa.
Le sue opere sono celebri e conosciute in tutto il mondo, basta citare come Amleto, Romeo e Giulietta, Sogno di una notte di mezza estate, Il mercante di Venezia, Molto rumore per nulla, ci sono poi anche Otello e Re Lear. Insomma, tutta una produzione teatrale e letteraria che ha appassionato e formato tutti noi.
Il doodle che vediamo oggi è molto semplice, vediamo infatti al centro William Shakespeare e intorno otto immagini che rappresentano momenti riconoscibili di altrettanti celebri opere.
Una delle più belle frasi, delle tanto in cui ognuno di noi può riconoscersi, è certamente quella tratta da “La Tempesta”, atto IV:
Siamo fatti della stessa sostanza dei Sogni
E riportiamo qui di seguito quello che, forse, è uno dei brani più celebri delle opere di Shakespeare, ossia la scena I, atto III dell’Amleto:
“Essere o non essere, questo è il problema. È forse più nobile soffrire, nell’intimo del proprio spirito, le pietre e i dardi scagliati dall’oltraggiosa fortuna, o imbracciar l’armi, invece, contro il mare delle afflizioni, e combattendo contro di esse metter loro una fine? Morire per dormire. Nient’altro. E con quel sonno poter calmare i dolorosi battiti del cuore, e le mille offese naturali di cui è erede la carne! Quest’è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire per dormire. Dormire, forse sognare. È proprio qui l’ostacolo; perché in quel sonno di morte, tutti i sogni che possan sopraggiungere quando noi ci siamo liberati dal tumulto, dal viluppo di questa vita mortale, dovranno indurci a riflettere. È proprio questo scrupolo a dare alla sventura una vita così lunga! Perché, chi sarebbe capace di sopportare le frustate e le irrisioni del secolo, i torti dell’oppressore, gli oltraggi dei superbi, le sofferenze dell’amore non corrisposto, gli indugi della legge, l’insolenza dei potenti e lo scherno che il merito paziente riceve dagli indegni, se potesse egli stesso dare a se stesso la propria quietanza con un nudo pugnale? chi s’adatterebbe a portar cariche, a gèmere e sudare sotto il peso d’una vita grama, se non fosse che la paura di qualcosa dopo la morte – quel territorio inesplorato dal cui confine non torna indietro nessun viaggiatore – confonde e rende perplessa la volontà, e ci persuade a sopportare i malanni che già soffriamo piuttosto che accorrere verso altri dei quali ancor non sappiamo nulla. A questo modo, tutti ci rende vili la coscienza, e l’incarnato naturale della risoluzione è reso malsano dalla pallida tinta del pensiero, e imprese di gran momento e conseguenza, devìano per questo scrupolo le loro correnti, e perdono il nome d’azione.”