Con la spesa in IT che nel 2011 si è fermata a 17,67 miliardi di Euro, in contrazione del 4,1% rispetto al 2010, il Cloud potrebbe costituire una opportunità per far ripartire la macchina dell’innovazione. Ma il mercato Cloud Computing per il 2012 sarà solo del 2,5%, ovvero 443 milioni di Euro. Il Cloud può comportare un notevole risparmio, entro il 2015 di circa 450 milioni di Euro, risparmio che potrebbe essere portato fino ad un Miliardo
Si è svolto ieri all’Aula Carlo de Carli del Politecnico di Milano il Convegno “Cloud Economy: ultima chiamata”, con la presentazione dei dati della ricerca dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service, giunto al secondo anno di attività e promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano. Con l’obiettivo di analizzare e spiegare il fenomeno Cloud, stimandone entità e trend e facendo chiarezza sui confini e sui corretti percorsi di azione, la Ricerca ha coinvolto oltre 130 CIO di grandi imprese italiane e 660 Responsabili IT di PMI. Inoltre, per individuare e diffondere best practice, sono state analizzate oltre 110 iniziative di adozione di Cloud Computing nel panorama delle imprese italiane e approfonditi 20 progetti di particolare rilevanza.
Lo scenario italiano risulta già di per sé abbastanza preoccupante: il nostro appare come un Paese follower, sempre più in ritardo nella gara globale all’innovazione digitale, con il suo 46° posto nel mondo per spesa ICT su PIL e il 58° per percentuale di utenti connessi. Per il 2011 la spesa IT si è attestata a 17,67 Mld di Euro, valore che, oltre a essere molto basso rispetto al PIL, risulta in contrazione del 4,1% rispetto al 2010 (dati Assinform).
In questo quadro il Cloud è per le Imprese e Pubbliche Amministrazioni italiane un’opportunità unica di accedere alla digitalizzazione saltando quei gap di risorse investite e competenze da troppo tempo accumulati nell’ambito dell’ICT tradizionale. Il mercato Cloud nel 2012 è stimabile in 443 Mln di Euro, pari al 2,5% di tutta la spesa IT sostenuta in Italia.
Sebbene si tratti di un valore ancora limitato, i tassi di crescita sono interessanti e stimabili attorno al 25% anno su anno. – commenta Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Servicedella School of Management delPolitecnico di Milano – Il 54% della spesa è riconducibile al cosiddetto Private Cloud, con un valore di circa 240 milioni di Euro e pari all’1,36% del budget IT, mentre la componente di spesa legata al Public Cloud è stimabile in 203 milioni di Euro”
Analizzando lo stato di adozione dei due modelli Private e Public nelle GRANDI AZIENDE, il primo risulta avere percentuali di diffusione lievemente superiori rispetto al secondo: il Private, infatti, viene utilizzato dal 48% delle aziende e sperimentato dal 13% di esse, mentre il Public viene adottato dal 41% delle aziende e sperimentato nell’8% di esse. Risultano comunque importanti le percentuali di interesse all’introduzione dei due modelli che sono pari al 29% per il modello Private e al 22% per quello Public.
Anche tra le PMI il modello Private presenta percentuali di diffusione superiori (17% in fase di utilizzo, 1% interesse all’adozione) rispetto al Public (5% in fase di utilizzo, 1% interesse all’adozione).
I Benefici del Cloud
I benefici derivanti dall’adozione di modelli Cloud si dimostrano rilevanti, non solo in termini di risparmio economico, ma anche per:
• scalabilità del servizio (57%): potendo allocare risorse potenzialmente infinite e sfruttare i benefici economici del fattore scala, senza una pesante esposizione economica legata all’acquisto e alla manutenzione delle infrastrutture IT;
• riduzione di complessità gestionale dei Data Center e dei sistemi applicativi (55%);
• riduzione degli investimenti richiesti a parità di soluzioni implementate (53%);
• maggiore flessibilità e tempestività nel far fronte alle richieste delle Line of Business (41%);
• continuità di servizio, sicurezza e affidabilità dei sistemi (37%);
• misurabilità e controllabilità dei costi (37%): i servizi di Public Cloud, disponibili on demand e pagati secondo la logica del pay-per-use, permettono di ridurre le risorse sprecate;
• possibilità di avere funzionalità costantemente aggiornate (35%).
Le principali barriere che ne frenano l’adozione risultano la difficoltà di integrazione con l’infrastruttura già presente in azienda (40%) e l’immaturità dell’offerta e dei servizi (35%), seguite dai problemi legati alla compliance normativa (31%), dalla difficoltànel quantificare costi e benefici derivanti dal ricorso alla modalità di erogazione as a Service (31%) e dalla criticità nell’implementare efficaci processi di controllo e misurazione per presidiare i livelli di servizio interni e del fornitore (25%).
L’indisponibilità dell’infrastruttura di rete e alcuni timori relativi ad aspetti di sicurezza e privacy evidenziati dalle aziende che utilizzano servizi di tipo Public, risultano invece essere falsi miti: secondo i CIO, infatti, con modelli di Public Cloud si registrano minori casi di perdita di dati rispetto alla precedente soluzione presente in azienda e, in generale, vi è una maggiore continuità di erogazione del servizio. Per quanto riguarda invece lo sviluppodel Cloud, le barriere non sono percepite a livello organizzativo e interno della Direzione IT, quanto piuttosto a livello tecnologico ed esterno.
La ricerca ha analizzato gli approcci seguiti nell’adozione del Cloud da parte delle imprese. Nel 76% delle aziende analizzate, si riscontra un atteggiamento tattico e reattivo che comporta un cambiamento nelle Direzioni ICT limitato al più alla creazione di nuove competenze interne. Un atteggiamento che, provocatoriamente, si può definire da Hobbista. All’opposto vi è l’atteggiamento dell’Orchestratore, che si caratterizza per la capacità di avere un ruolo attivo nelle iniziative che si abbina anche a un radicale cambiamento della propria Direzione, con la creazione di nuovi ruoli e procedure (6% del campione). Vi è poi il profilo del Modaiolo (2%) che racchiude coloro che hanno un ruolo reattivo ma, inseguendo l’hype, iniziano a creare ruoli di presidio interni; infine vi sono i Broker, ovvero i CIO che si sono limitati a portare all’interno dell’azienda soluzioni Cloud, senza però riorganizzare internamente la loro direzione (16%).
Di fronte però a un mercato dell’offerta in assestamento e ai molti percorsi possibili per affrontare il Cloud, qual è la via giusta per un’azienda, la privata o la pubblica? La risposta non è ovviamente univoca e ogni azienda deve trovare la propria strada. Ma quanto costa questo ritardo al nostro Paese?
Limitandosi alla sola stima di risparmio di costi e accontentandoci di stime prudenziali, i progetti di Public Cloud analizzati hanno portato a riduzioni del Total Cost of Ownership stimabili tra il 10 e il 20%, in funzione dell’ambito, della situazione di partenza e dell’efficacia dell’approccio di adozione. Analoghe stime di beneficio, sebbene subordinate a investimenti iniziali rilevanti e progetti di più lunga durata, possono essere fatte per il Private Cloud. Proiettando questi dati rispetto alla crescita del mercato ad oggi stimato dalle imprese del campione, il Cloud potrebbe comportare un risparmio cumulato entro il 2015 di circa 450 milioni di Euro, risparmio che potrebbe essere portato fino ad 1 Miliardo di Euro se si adottassero le migliori pratiche e ci si portasse a livelli di adozioni analoghi a quelli dei Paesi leader. Anche solo dal punto di vista dei risparmi, si tratta di vantaggi troppo rilevanti per essere trascurati, risorse che potrebbero essere utilmente rimesse in circolo per l’innovazione.
Ma certo è che bisogna fare presto.