Le aziende tech e social media stanno affrontando un momento di crisi già annunciato. I licenziamenti di Meta di questa settimana sono solo una parte di quelli già in atto o che arriveranno, purtroppo.
Venti di crisi soffiano sulle aziende tech e social media e le cronache di questi giorni ne sono la conferma. La notizia dei licenziamenti che Facebook, della famiglia Meta, starebbe per mettere in atto già in questa settimana, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, mette al centro, ancora una volta, la grande crisi che si sta abbattendo sulle grandi aziende tech e social media.
E dopo una settimana di notizie che hanno riguardato Twitter e i licenziamenti che hanno riguardato il 50% dei dipendenti (circa 3.800 persone) della società adesso in mano a Elon Musk (salvo poi richiamarne a decine), si ripiomba nello stesso problema con le notizie riportate dal Wall Street Journal.
Secondo le informazioni raccolte dal quotidiano finanziario, Facebook già questa settimana farà partire un piano di licenziamenti ingente, il più grande da quando esiste la stessa Facebook, ossia 18 anni. Le notizie dicono che funzionari dell’azienda hanno già informato i dipendenti di cancellare viaggi non essenziali, a partire già da questa settimana.
Sebbene non si parla delle percentuali viste in Twitter, il WSJ comunque riporta che si è di fronte ad un piano di licenziamenti che coinvolge un numero di persone che potrebbe essere il più grande finora raggiunto da una grande azienda tecnologica, in un anno che ha visto un ridimensionamento del settore tecnologico.
A luglio di quest’anno avevamo trattato il tema di una possibile recessione economica che non avrebbe risparmiato le aziende tech e social media. E questo perché, purtroppo i segnali era abbastanza chiari. Questa situazione difficile che si sta palesando in realtà arriva proprio da quei segnali che erano stato avvertiti già in primavera e poi diventati sempre più concreti durante l’estate.
Alla fine di settembre di quest’anno Meta dichiarava 87.314 dipendenti, con un aumento del 28% rispetto allo scorso anno. Ora, non è chiaro quanti saranno interessati da questo nuovo ingente piano di licenziamenti.
Risuonano in queste giornate le parole che proprio Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, aveva pronunciato alla fine di giugno durante una riunione aziendale a Menlo Park: “Realisticamente, in azienda ci sono probabilmente un mucchio di persone che non dovrebbero essere qui“. Probabile che già allora sapesse che si sarebbe arrivati, a distanza di poco, a mettere in atto un programma come quello che si appresta ad iniziare.
Le motivazioni sono tante, la congiuntura economica e sociale che stiamo attraversando in generale a livello globale e anche una crescita troppo accelerata negli ultimi anni che adesso deve fare i conti con la realtà. Da rilevare anche che il titolo Meta quest’anno ha perso il 70% del suo valore. Nelle scorse settimane il titolo è sceso sotto i 100 dollari, cosa che non succedeva dal 2016.
Pesano poi gli scarsi risultati che riguardano Metaverso con investimenti di oltre 15 miliardi di dollari.
[Update 9 novembre 2022]
Come previsto, Mark Zuckerberg mercoledì 9 novembre, con una mail inviata ai dipendenti ha comunicato il licenziamento di 11 mila dipendenti, circa il 13% della forza lavoro di Meta. Tutto questo rischia di frenare il lavoro del Reality Labs, su cui Meta ha investito 15 miliardi di dollari, che lavora anche a sviluppare il progetto Metaverso.
Per non parlare della grande concorrenza che arriva da altre piattaforme come TikTok. Ha pesato anche la richiesta di Apple agli utenti di acconsentire al tracciamento dei loro dispositivi che ha limitato la capacità delle piattaforme social media di indirizzare gli annunci pubblicitari. Ricordiamo il grande braccio di ferro, su questo punto, tra Facebook e Apple.
Ma, come dicevamo all’inizio, Twitter e Facebook non sono le sole piattaforme social media e aziende tech che stanno misurandosi con ingenti piani di licenziamenti. Purtroppo, la lista è lunga e si stima che, dall’inizio dell’anno, siano già più di 44 mila i lavoratori della Silicon Valley che hanno perso il lavoro. E altri, purtroppo, ne arriveranno.
TikTok
Anche TikTok è alle prese con i licenziamenti. Lo scorso mese Wired ha citato cinque fonti che affermavano che TikTok aveva iniziato a licenziare una quantità non specificata di lavoratori nel suo ufficio negli Stati Uniti. Secondo quanto riportato, anche ai lavoratori delle divisioni UE e Regno Unito dell’azienda è stato detto di prepararsi, in vista di azioni simili. Intanto, TikTok avrebbe sospeso i piani precedenti per espandere alcuni team, come parte di una presunta e più ampia ristrutturazione.
Netflix
Anche la società di video streaming, co-fondata da Reed Hastings, lo scorso mese di maggio il taglio di 150 dipendenti o l’1,3% della sua forza lavoro. Ma da quel momento le cose andate peggio. Infatti, circa un mese dopo i licenziamenti iniziali, la società ha annunciato un’altra serie di tagli, questa volta con un impatto su 300 dipendenti, ovvero il 4% della forza lavoro totale dell’azienda. Come sappiamo, di recente Netflix ha cominciato ad adottare forme di abbonamento che contengono pubblicità, un modo per risollevare la situazione economica difficile e per recuperare circa 200 mila abbonati.
Shopify
Shopify alla fine di luglio, attraverso il CEO di Shopify Tobi Lütke, ha annunciato che l’azienda avrebbe licenziato il 10% della sua forza lavoro, circa 1.000 dipendenti, dopo un periodo di crescita esplosiva registrata durante la pandemia.
Shopify ha beneficiato della grande espansione del fenomeno e-commerce, negli ultimi due anni, e, come molte aziende, ha intrapreso una corsa alle assunzioni, aspettandosi che quel livello di e-commerce rimanesse costante. Le cose, purtroppo, sono andate diversamente.
Robinhood
Rcorderete certamente Robinhood, l’app della “finanza democratizzata”, che lo scorso anno ha lottato per riprendersi dalla sua disastrosa IPO, che secondo Bloomberg è stato tra i peggiori debutti tra le aziende delle sue dimensioni. Ora, nel 2022, i dipendenti dell’azienda, che i dirigenti chiamano ‘Robinhooders’, sono in grande difficoltà.
Alla fine di aprile, il CEO e fondatore Vlad Tenev ha annunciato che la società avrebbe tagliato circa il 9% della sua forza lavoro dopo un periodo definito di “iper-crescita“, tra il 2020 e il 2021. Ma poi quell’annuncio non era che l’inizio. Nella prima settimana di agosto, Tenev ha annunciato un licenziamento più ampio che ha colpito il 23% della forza lavoro.
Lyft
Anche Lyft purtroppo è in difficoltà. Il principale competitor di Uber, dopo un primo piano di licenziamenti previsti a luglio di quest’anno, qualche giorno ha annunciato il licenziamento di quasi 700 dipendenti, ovvero circa il 13% dell’intera forza lavoro aziendale.
Soundcloud
SoundCloud è una delle piattaforme del panorama musica in streaming che non è riuscita ad evitare i licenziamenti. Nei giorni scorsi, secondo Billboard, il CEO Michael Weissman ha inviato un’e-mail ai dipendenti avvertendo dell’avvio di un piano di licenziamenti che dovrebbe coinvolgere il 20% dell’azienda.
Snap
Come già ricordato in altre occasioni, Evan Spiegl, fondatore di Snap, la società che gestisce la piattaforma social media Snapchat, tra i primi a maggio scorso aveva preannunciato che le difficoltà, per l’azienda e non solo, stavano per arrivare. Dopo mesi di lotte finanziarie pubbliche, Snap si è finalmente fatto avanti con una bomba. Ad agosto Snap ha annunciato il piano di riduzione della forza lavoro della società di circa il 20%, più di 1.000 dipendenti. L’azienda ha subito una rapida espansione, quasi raddoppiando da marzo 2020, salvo poi rivedere i propri programmi e propendere per una più profonda ristrutturazione.
Microsoft
Anche Microsoft è costretta ad affrontare il tema dei licenziamenti. Circa un mese fa, secondo quanto riportato da Axios, la società ha avanzato un piano per licenziare poco meno di 1.000 dipendenti distribuiti in più divisioni della sua attività e in varie regioni.
E i licenziamenti di Microsoft, per tutto il settore, sono stati una sorta di shock. Per mesi aziende in difficoltà, come Facebook o Snap, come abbiamo visto, hanno cercato di preparare il terreno, prefigurando, in un certo senso, quanto sarebbe poi accaduto da lì in avanti. Invece Microsoft non ha offerto alcun segnale in questo senso e, anzi, sulla carta sembrava essere l’azienda meno coinvolta da questo punto di vista.
Intel
Intel, il colosso tecnologico di Santa Clara, sta procedendo ad un corposo taglio di posti di lavoro aziendali al fine di risparmiare ben 3 miliardi di dollari di costi per il prossimo anno. Si tratta di un’azione in risposta al calo della domanda di chip dell’azienda, il risultato del mercato dei PC in forte contrazione.
I licenziamenti colpiranno in modo particolare i team delle vendite e del marketing, secondo quanto riportato da Bloomberg a metà del mese scorso, colpendo circa il 20% del personale. A luglio Intel dichiarava oltre 113 mila dipendenti.
Il CEO di Flipboard, Mike McCue, ha confermato i licenziamenti, notizia anticipata da Axios a metà del mese scorso. Si tratta di 24 lavoratori che è pari al 21% della forza lavoro di Flipboard. Ristrutturazione aziendale e prospettivi difficili per il proprio business, queste le motivazioni alla base di questa scelta.
Flipboard è stata lanciata 12 anni fa con la visione di diventare “l’unico posto dove trovare le storie per la tua giornata”. Dal 2010 molto è cambiato però. Ormai gli aggregatori supportati dalle Big Tech, come Google e Apple News, dominano praticamente lo spazio e questo costituisce una seria minaccia per i servizi più piccoli, come appunto Flipboard.
In realtà la lisa potrebbe continuare, ma queste che abbiamo indicato sono casistiche esaustive a rendere chiaro che i problemi ci sono e che vedremo piani di licenziamenti estendersi ancora per qualche mese.
Staremo a vedere se si tratta del fenomeno simile degli inizi 2000 quando scoppiò la bolla delle dot-com. Vedremo.