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Addio Artifact, chiude dopo meno di un anno l’app di notizie su IA

Artifact, l’app di notizie basata su intelligenza artificiale creata dai fondatori di Instagram, chiude dopo meno di un anno, sollevando domande sul futuro dell’informazione digitale.

Artifact, l’app di notizie alimentata da intelligenza artificiale, chiude dopo poco meno di anno dal suo lancio. Alla luce di tutto, forse l’app è stata lanciata con ambizioni elevate.

Ideata dai cofondatori di Instagram, Kevin Systrom e Mike Krieger, mirava a rivoluzionare il modo in cui consumiamo le notizie. Facendo affidamento sull’intelligenza artificiale. Infatti, sono stati implementati algoritmi sofisticati, simili a quelli di TikTok.

L’annuncio della chiusura è stato dato da Kevin Systrom sul blog ufficiale di Artifact: “Abbiamo creato qualcosa che piace a un gruppo ristretto di utenti, ma abbiamo concluso che l’opportunità di mercato non è abbastanza grande da giustificare un investimento continuo in questo modo“.

Artifact prometteva un’esperienza di lettura personalizzata, selezionando contenuti basati sul tempo trascorso dall’utente su determinati argomenti.

Artifact tra ambizioni e innovazione

L’app combinava le funzionalità di un social network con quelle di un aggregatore di notizie. Offrendo un feed di notizie personalizzato.

Artifact chiude dopo meno di un anno franzrusso.it

La sua IA si adattava alle preferenze di lettura degli utenti, aprendo nuovi orizzonti nel campo dell’informazione digitale. Si distingueva per l’assenza di clickbait, concentrandosi invece sulla qualità e sull’affidabilità dei contenuti, proponendo una varietà di prospettive politiche.

Artifact e gli algoritmi

Gli algoritmi di Artifact erano stati progettati per apprendere dalle interazioni degli utenti, adattando il feed di notizie in base agli interessi mostrati.

Questo significava che più un utente leggeva articoli su un certo argomento, più l’app proponeva contenuti simili. Creando un’esperienza di lettura altamente personalizzata.

L’IA prendeva in considerazione le preferenze dell’utente per offrire un feed di notizie sempre più affine ai suoi gusti personali, sfruttando tecnologie avanzate come il sistema Transformer di Google per elaborare i testi in modo indistinguibile da quello umano

Si trattava quindi di un approccio diverso dai modelli basati su clic o interazioni superficiali. Puntando invece su un engagement profondo e sostenuto.

La nascita di Artifact e il suo reale impatto

La creazione di Artifact si inseriva in un contesto di crescente sfiducia verso i media tradizionali e la diffusione di fake news.

L’intento di un feed curato da IA e personalizzato, in base agli interessi autentici degli utenti, rappresentava un’innovazione significativa rispetto alle dinamiche spesso critiche dei social network tradizionali.

La sua apparizione sugli app store di Apple e Google ha suscitato interesse e attenzione, particolarmente nel campo giornalistico.

Artifact e le motivazioni della chiusura

Nonostante l’iniziale entusiasmo, meno di un anno dopo il suo lancio, i fondatori hanno annunciato la chiusura di Artifact.

Secondo Systrom, l’app aveva conquistato un gruppo ristretto di utenti ma non aveva raggiunto una sufficiente ampiezza di mercato per giustificare ulteriori investimenti. Questa decisione rifletteva una dura realtà nel mondo delle startup tecnologiche, dove anche le idee più innovative possono fallire per motivi di mercato.

La visione di Artfact

L’intento di Artifact era di creare un nuovo paradigma per le piattaforme di notizie.

Si proponeva di contrastare la polarizzazione e la disinformazione, offrendo una selezione bilanciata e di qualità. Il progetto ambiva a essere un punto di riferimento per un pubblico alla ricerca di un’informazione affidabile e diversificata, lontana dalle logiche spesso divisive e sensazionalistiche di altre piattaforme.

Kevin Systrom Mike Krieger-co-fondatori Instagram Facebook
Kevin Systrom e Mike Krieger

Artifact e casi simili come Vine e Quibi

Possiamo paragonare la situazione di Artifact a quella di altre startup innovative che hanno affrontato sfide simili.

Ad esempio, Vine. Nonostante la sua popolarità, Vine ha incontrato difficoltà nella monetizzazione e nel mantenimento dell’interesse degli utenti.

Quibi, d’altra parte, nonostante un lancio altamente pubblicizzato e investimenti significativi, ha chiuso dopo solo sei mesi a causa di una base di utenti e di un interesse del mercato inferiore alle aspettative.

Questi casi evidenziano come, nonostante l’innovazione e un inizio promettente, il successo a lungo termine nel settore tecnologico dipenda da una serie di fattori complessi, inclusa la capacità di attrarre e mantenere un ampio pubblico​

Il Futuro dell’Informazione

La vicenda di Artifact evoca il tema più ampio del modo in cui reperire le informazioni in un’epoca di grande trasformazione digitale.

La sua chiusura solleva interrogativi sulla sostenibilità di piattaforme innovative in un mercato dominato da giganti come Facebook o Google.

Tuttavia, l’esperimento di Artifact rimane una testimonianza dell’incessante ricerca di nuove vie per un’informazione più equilibrata e personalizzata, un obiettivo ancora più rilevante nell’attuale panorama mediatico.

Ma, restando per un attimo in più sulle parole di Systrom, sorge un’altra piccola riflessione.

Sono parole che evocano la parola “fallimento”, senza mai pronunciarla del tutto. Tra l’altro questa parola fa parte del lessico della Silicon Valley e meno del nostro modo di pensare il business.

Questo è un altro discorso.

Artifact e il senso del fallimento

Però Systrom dice chiaramente che le startup, per certi versi, difficilmente si pongono questi temi. E che spesso agiscono senza considerare che forse non è il caso di andare avanti quando il mercato ti lancia dei segnali.

Nello specifico, le parole di Kevin Systrom sulla chiusura di Artifact sottolineano un aspetto cruciale nel mondo delle startup tecnologiche e delle app: l’importanza di un’ampia opportunità di mercato.

Nel caso di Artifact, nonostante il gradimento da parte di un gruppo ristretto di utenti, la mancanza di un ampio mercato target ha reso insostenibile un ulteriore investimento nel progetto.

Questo si può tradurre in vari fattori:

Numero di utenti: se un’app non attrae un numero sufficientemente grande di utenti, il suo potenziale di crescita e di generazione di reddito resta limitato.

Monetizzazione: senza un ampio mercato, diventa difficile monetizzare l’app tramite pubblicità, abbonamenti o altre forme di reddito.

Investimenti e sviluppo: mantenere e sviluppare un’app richiede risorse finanziarie consistenti. Senza una prospettiva di ritorno economico adeguato, gli investitori sono riluttanti a sostenere ulteriormente il progetto.

Concorrenza: in un mercato digitale affollato, dominato da grandi piattaforme come Google o Facebook, competere per attirare l’attenzione degli utenti è una sfida costosa.

In conclusione, il caso di Artifact evidenzia come, nonostante l’innovazione e la qualità, il successo di un’app dipende fortemente dalla sua capacità di raggiungere e coinvolgere un ampio pubblico in un mercato altamente competitivo.

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Franz Russo Blogger, Digital Strategist
Franz Russo, fondatore, nel 2008, del blog InTime, ho collaborato con grandi aziende nazionali e internazionali, come consulente per strategie di comunicazione e come divulgatore. Da sempre impegnato nella comunicazione digitale, cerco di unire sempre una profonda passione per l’innovazione tecnologica a una visione olistica dell’evoluzione dei social media e degli strumenti digitali. Il mio percorso professionale in questo campo, iniziato nel 2007, è stato caratterizzato da un costante impegno nel raccontare e interpretare i cambiamenti nel panorama digitale. Il mio approccio si basa su un mix di analisi strategica, creatività e un profondo impegno per il racconto e la divulgazione.
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