L’avvento di Iliad sul mercato della telefonia mobile ha sicuramente innescato un processo di rinnovamento, soprattutto dal punto di vista dell’offerta. Una prima conseguenza è stata quella dell’emergere dei second brand, come Kena Mobile e HO. Ma siamo sicuri che questa direzione del mercato garantisca la trasparenza che è alla base del rapporto azienda-cliente? La risposta, per ora, sembra essere negativa.
Avrete certamente notato che il mercato della telefonia mobile sta vivendo una rivoluzione che in molto hanno definito “low cost”. L’avvento di Iliad, brand francese, sul mercato italiano dalla fine di maggio di quest’anno, con un’offerta aggressiva, ha innescato questo processo, provocando, come prima conseguenza, l’emergere dei “second brand” sotto una chiara “second brand strategy”. Stiamo parlando dei recenti secod brand come Kena Mobile (TIM) e HO (Vodafone) che hanno risposto con proposte commerciali altrettanto aggressive.
Ma perchè un’azienda decide di affrontare il mercato con un second brand? E, soprattutto, il second brand è in grado di garantire quella trasparenza che è alla base del rapporto azienda-cliente? Vediamo intanto che cosa si intende per “second brand strategy”.
La second brand strategy viene messa in atto quando un’azienda, di fronte ad un cambiamento del mercato, decide di affrontarlo con un secondo marchio, invece di “estendere” il brand esistente alle condizioni attuali. Di casi “second brand” ne è pieno il mondo fashion (Levi’s=>Docker’s), il mondo automotive (Toyota=>Lexus), o il mondo degli strumenti di lavoro (Black & Decker=>Dewalt). Tutti secondi marchi che sono nati di fronte ad un cambiamento preciso del mercato di riferimento.
Una situazione di cambiamento, come dicevamo, si sta manifestando anche nel mondo della telefonia mobile nel nostro paese. I brand che citavamo prima come Kena Mobile e HO nascono con il preciso scopo di affrontare in maniera aggressiva il mercato con proposte allettanti, per contrastare la concorrenza di Iliad, e la loro comunicazione da questo punto di vista è molto efficace. Ma siamo sicuri che è altrettanto efficace la comunicazione verso i consumatori? Al momento la risposta sembra essere negativa.
Di fronte a questo cambiamento, il consumatore è più portato ad abbandonare l’operatore tradizionale per abbracciare proposte commerciali più convenienti, credendo che il nuovo brand “low cost” possa offrire lo stesso servizio, pagando meno. Ma in realtà non è così. Il servizio di fatto non è lo stesso e non sono mancati casi che lo hanno dimostrato. Basti pensare ai casi di poca trasparenza sollevati dalle associazioni dei consumatori come racconta l’attualità di questi giorni?
Allora la domanda che ci poniamo è questa: quanto è sostenibile una strategia “second brand”? Inoltre, siamo davvero sicuri che, in uno scenario di mercato tra chi paga di più e chi paga meno con l’illusione di avere lo stesso servizio, questa strategia sia in grado di garantire completezza di informazione e trasparenza verso il consumatore?
Per fare un esempio pratico, il brand Wind-Tre al momento non risponde a questo cambiamento di mercato con una strategia di “second brand”, ma preferisce mettere in pratica azioni commerciali per contrastarlo, pur mantenendo sempre salvo il principio della corretta comunicazione e della chiara trasparenza. Una terza alternativa che si aggiunge a quelle che indicavamo prima. E al momento sembra essere quella che, dal punto di vista qualitativo, paga di più.
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