E’ il Tribunale di Roma a stabilire, per la prima volta in Italia, un principio che va oltre la rimozione delle foto dei figli che i genitori pubblicano spesso sui social media. I giudici del foro romano hanno condannato una madre a rimuovere le immagini del figlio e, nel caso in cui non rispettasse tale obbligo, anche a pagare una multa di 10 mila euro.
Pubblicare o meno le foto dei figli sui social media è un tema che riguarda quasi tutti i genitori. Spesso, nel tentativo di condividere momenti con amici e parenti lontani, ma anche per il semplice fatto di condividere dei bei momenti tanti genitori pubblicano le foto dei propri figli su Facebook, su Twitter e anche su Instagram. Il tema principale riguarda i rischi a cui verrebbero esposti i propri figli nel momento i cui si condividono immagini dei propri figli, rischi che possono essere anche molto pericolosi.
Ma la tentazione di condividere una foto della propria figlia o del proprio figlio resta irresistibile per molti.
Nel recente passato sono state molte le sentenze di vari tribunali italiani che hanno ordinato ai tanti genitori di rimuovere le immagini dei propri figli. Ma la sentenza del Tribunale di Roma, del 23 dicembre 2017 – procedimento 39913/2015, sancisce, per la prima volta nel nostro paese, un principio che va oltre la semplice rimozione. Infatti, la sentenza dl foro romano condanna la madre di un ragazzo di 16 anni a rimuovere le foto del figlio dai vari social media e, nel caso in cui non rispettasse tale obbligo, a pagare una multa di 10 mila euro.
Il caso riguarda un ragazzo sedicenne che più volte si era lamentato con i genitori, coinvolti in una causa di separazione, del fatto che pubblicassero foto in cui compariva lui. Il ragazzo si era lamentato de fatto che i genitori pubblicassero dettagli riguardanti la loro vicenda giudiziaria, una situazione che il ragazzo viveva con disagio al punto da chiedere al giudice di continuare a studiare all’estero per stare lontano dai propri genitori. Insomma, una situazione pesante per un ragazzo che non voleva essere al centro di questo tipo di attenzioni, anche mediatiche.
Come detto, si tratta di un principio nuovo per il nostro paese che costituirà un precedente importante, sopratutto di fronte al numero di sentenze crescente riguardo a questo delicato argomento.
La sentenza romana si basa certamente sul principio sancito dall’articolo 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo, approvata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata in Italia con la legge 176/1991:
Art. 16
Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione. Il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti.
E anche sull’articolo 96 della legge sul diritto d’autore (legge 633/1941) che recita:
Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente. Dopo la morte della persona ritrattata si applicano le disposizioni del 2°, 3° e 4° comma dell’art. 93.
Una sentenza che farà discutere, e molto, evidentemente. Ed è un bene che ciò accada, perché se da un lato ci sono dei pesanti rischi a cui si può andare incontro nel condividere sui social media immagini e foto dei propri figli (qui il video di Matteo Flora di qualche mese fa con oltre 1 milione di visualizzazioni), c’è anche da considerare la volontà dei propri figli minorenni. Il disagio vissuto da questo ragazzo, e reso più difficile dalla pubblicazione di foto in cui compariva, rende bene l’idea di quali situazioni si possono venire a creare.
Forse sembrerà estremo, o anche fuori luogo, ma questo è un caso su cui bisogna riflettere più e più volte, e dovranno farlo soprattutto quelle persone (tante purtroppo) che parlano ancora di online e offline come se fossero due pianeti distanti anni luce. Invece no. Quello che viene pubblicato sui social media ha effetti reali, perché “reali” sono le persone che condividono.