Il Digital Trends 2015 di Microsoft, la ricerca che il colosso di Redmond conduce ogni anno, ha visto coinvolti 13 mila utenti di 13 paesi. Per quanto riguarda l’Italia, la ricerca evidenzia che i consumatori digitali italiani sono sempre più consapevoli e informati. Il 47% sostiene di essere in grado di rimuovere informazioni diffuse in maniera errata.
Gli italiani sono sempre più utenti digitali e anche consapevoli. E’ questa, in sintesi, la fotografia dell’Italia fatta dal Digital Trends 2015 di Microsoft, la ricerca che il colosso di Redmond conduce ogni anno con l’obiettivo di osservare l’evoluzione del rapporto tra tecnologia e consumatori, che quest’anno ha visto coinvolti più di 13 mila utenti di 13 paesi. Rispetto alla media registrata dalla ricerca, di fatto i consumatori digitali italiani risultano essere più attenti e in grado di riconoscere il valore delle informazioni veicolate via web. A livello globale, il 78% degli utenti interpellatati è consapevole dell’importanza che le aziende attribuiscono loro in quanto come consumatori digitali e agli stessi dati che derivano dalla loro presenza digitale. Il 61% degli utenti si dice poi favorevole a condividere informazioni riservate sempre che anche le aziende facciano la stessa cosa. Il consumatore, come sappiamo, nell’era digitale con la possibilità offerte dai vari strumenti, ha il potere da un lato di far sentire e far valere la sua opinione in relazione con le aziende. Dall’altra parte, le stesse aziende hanno di fronte una grande opportunità in termini di informazioni e di comportamenti dei loro utenti, a patto che questo avvenga nell’assoluta trasparenza.
Ma vediamo ancora qualche altro dato prima di conoscere meglio i dati che riguardano il nostro paese. La ricerca ci dice anche che il 74% degli utenti è interessato al mercato dei wearables, quindi, ad esempio, degli smart watch. Una ulteriore conferma che questo sarà nei prossimi mesi e nei prossimi anni un settore in forte crescita.
E passiamo ora a vedere i dati che riguardano il nostro paese.
Come dicevamo all’inizio, il 47% dei consumatori digitali italiani è in grado di rimuovere dalla rete informazioni indesiderate postate erroneamente; la media rilevata dalla ricerca è del 40%. Il 64% desidera poter scegliere per quanto tempo mantenere online le informazioni condivise, contro il 57% della media globale e il 59% della media europea.
Per quanto riguarda l’Internet of Things (IoT), anche in questo caso i consumatori digitali italiani sono più avanti degli altri che hanno partecipato alla ricerca. Gli italiani sono quelli che usano più degli altri dispositivi e applicazioni per tracciare, scaricare e analizzare i dati: 41% dato più alto in Europa, a fronte di una media dell’area pari al 23%. Allo stesso modo gli italiani, più degli altri cittadini europei, non sanno concretamente come impiegare i dati rilevati (29,1% contro 28,3%). Il 74,8% degli italiani vorrebbe poi oggetti legati alla quotidianità, capaci di tracciare i dati (come macchine e case smart), a fronte di una media europea del 54% e globale del 60%.
La ricerca evidenzia che c’è un interesse crescente per le app e i dispositivi di tracciamento dei dati: tre quarti dei partecipanti, il 74%, afferma di usare dispositivi di wearable technology. Nonostante lo sviluppo registrato, però, c’è una sostanziale ammissione di non sapere con certezza come utilizzare queste tecnologie per migliorare le proprie prestazioni: meno di un terzo (il 28%) le usa per definire attività e obiettivi, mentre un altro terzo (ancora il 28%) afferma di non aver mai utilizzato i dati così ottenuti.
Di fronte a questa enorme massa di dati che i consumatori digitali dovranno gestire, ecco che cresce l’esigenza di fornirsi di tools e di informazioni su come gestire questa grande massa e questo sarà il vero terreno su cui ci si dovrà confrontare.
Cresce quindi la consapevolezza, l’esigenza di informazioni sempre più trasparenti. E crescono anche i canali digitali con cui i consumatori digitali riescono ad assecondare le loro esigenze e ad espletare meglio le loro attività.
Allora che ne pensate di questi dati? Come vi ponete voi consumatori digitali di fronte a questi temi?